Il team Onivà nel mondo – Eleonora e l’Isola di Barra 🏴
Insieme alle storie dei Viaggiatori Onivà da oggi racconteremo anche quelle del nostro Team. Cominciamo dall’Isola di Barra , da Eleonora e da un aereo che atterra direttamente su una spiaggia al largo della Scozia.
Buona lettura e buon viaggio.
Nel settembre 2018, grazie a un emozionante Mystery Tour splendidamente pensato dal mio fidanzato, il mio cuore ha scoperto l’Isola di Barra, una sperduta isoletta delle Ebridi Esterne, circondata dal burrascoso Mare del Nord al largo della Scozia.
Tutto è iniziato con l’atterraggio sulla spiaggia. Proprio così, si atterra e si decolla direttamente sulla spiaggia, solo con la bassa marea! Camminando sulla sabbia compatta abbiamo raggiunto il terminal circondati da conchiglie ruvide e luccicanti, il mare alle nostre spalle e davanti a noi immensi prati mossi dal vento incessante.
Quando dico “terminal”, dovete immaginarvi un unico ambiente con una manciata di tavolini davanti alle vetrate che affacciano sulla spiaggia/pista, qualche mensola con pochi souvenir e dei bellissimi libri di fotografie. Completano il quadro un banco per il check-in e il bancone della tavola calda, una sgangherata lavagnetta con il piatto del giorno e un’accoglienza calorosa dei locali.
Usciti dal terminal/salotto abbiamo conosciuto Bob, il tassista chiacchierone che ci ha presentato l’Isola. Siamo andati alla scoperta di Barra in bici, pedalando tra salite tortuose e cantando sollevati nelle discese – tranne quando avevamo il vento contro! – abbiamo incontrato forse 4 o 5 persone (compreso il nostro nuovo amico Bob!) e un numero imprecisato di pecore, agnelli, cavalli e mucche, tutti liberi di girovagare. Fermavamo le nostre bici, gli davamo la precedenza e li salutavamo ridendo. Il rumore sordo delle zampe sull’asfalto che diventava ovattato quando affondavano nell’erba era l’unico che sentivamo, insieme al vento e al nostro respiro emozionato.
Abbiamo pedalato sotto la pioggia, con gli stivaletti da trekking impermeabili che hanno ceduto le armi e si sono inzuppati clamorosamente, imprigionando l’acqua che era entrata, dandoci l’esilarante sensazione di muovere i piedi in un acquario. Abbiamo trascinato le bici su salite ripide, con il vento incessante che ci schiaffeggiava e ci fermava in discesa. Eravamo fradici dalla testa ai piedi, ma sono stati tra i giorni più confortevoli della mia vita.
Non ha smesso un attimo di piovere e non dimenticherò mai la sensazione di pace quando ci siamo seduti su una delle panchine sparse qua e là nel mezzo del nulla: in nessun altro posto al mondo ci saremmo potuti rilassare accoccolati su una panchina bagnata.
Abbiamo passeggiato su una spiaggia diventata immensa per la bassa marea, curiosando tra le verdi alghe e raccogliendo qualche conchiglia. Abbiamo riso e tossito cercando di imitare il verso delle foche (pare sia l’unico modo per richiamarle a riva!). Ci siamo rifocillati al salotto/terminal e abbiamo mangiato un delizioso sandwich con salmone fresco, innaffiato da una cremosa cioccolata calda (il suo profumo mi ricorderà sempre quel tavolino e quel momento di rassicurante intimità). E sì, ho detto “panino al salmone” e “cioccolata calda” nella stessa frase: fidatevi, era un’accoppiata perfetta.
A Barra posso dire di aver davvero ascoltato per la prima volta il vento che soffia: il silenzio irreale di quei luoghi mi ha regalato la scoperta di un suono sconosciuto. E le conchiglie, non dimenticherò mai quelle grandi distese di sabbia con un’infinità di conchiglie affondate nel bagnasciuga, in attesa di essere sommerse dall’acqua salata.
Un proverbio indiano recita: “viaggiando alla scoperta dei paesi troverai il continente in te stesso“. A Barra abbiamo familiarizzato con emozioni a cui non sappiamo nemmeno dare un nome.