Il team Onivà nel mondo – Cecilia in Tanzania 🇹🇿

Se è vero che da ogni viaggio si torna diversi, per Cecilia l’esperienza in Tanzania è stata di quelle che cambiano il modo in cui si vede il mondo .

Continuano le storie del Team di Onivà accanto a quelle dei nostri Viaggiatori. Oggi andiamo in Tanzania con Cecilia.



Un viaggio fatto di immagini trasformatesi in
sensazioni e consapevolezze che non pensavo di avere. Tutto qui è all’ennesima potenza: gli spazi, i suoni, i colori… e quanto è verde l’Africa, quando piove! E poi il buio… è un nero che ti assorbe, al tramonto questa terra ti impone di fermarti. Ma quanta luce c’è in cielo! Le stelle sono un unico manto luminoso che solo a piccoli tratti svela la volta celeste.



Arriviamo nel cuore della notte all’aeroporto del Kilimanjaro. Di mattina presto, si fa tappa al mercato di Arusha, per la scorta di viveri e acqua: da adesso, per 10 giorni, non ci saranno più strade, negozi, telefoni, civiltà. Solo il fondale della natura che scorrerà traballante dal finestrino della nostra jeep.



Trascorriamo i primi giorni nel Parco del Serengeti, patrimonio dell’Unesco che ospita il più grande spettacolo di fauna selvatica sulla terra. L’Africa è la terra madre, c’è un’intera letteratura al riguardo: ma nessun libro potrà farti sentire quello che scopri quando sei lì, ad ascoltare la memoria genetica che custodiamo dentro, e che ci spiega da dove veniamo.

Le giornate sono lunghi viaggi di osservazione e appostamenti dalla nostra jeep, platea privilegiata da cui la guida legge per noi le tracce della natura, per condurci alla ricerca degli animali. Dove noi vediamo solo sterpi, c’è una storia da raccontare: l’erba mossa parla di uno scontro. Con uno sguardo più attento, scopriamo i resti di un cucciolo di leone, il pasto preferito dalle iene. A pochi metri, una grande roccia pare essere la tana perfetta per nascondersi: mamma leonessa deve aver lasciato qui i suoi piccoli per andare a caccia, ma la fretta di scoprire il mondo ha tradito il più impavido. Appare infatti il più piccolo, forse il più timido, nascosto tra le rupi: la sua prudenza lo ha salvato.

Tra il giallo delle sterpaglie, sbircio un movimento, con un cenno l’autista si ferma. Restiamo immobili con il fiato sospeso: maestoso, un ghepardo sbuca indifferente sul nostro sentiero, lo attraversa, e scompare di nuovo. E’ una vera fortuna incontrare così da vicino questi animali guardinghi e misteriosi, e la natura ha voluto premiare la nostra fiducia.

Se mi immagino il paradiso terrestre, credo sia molto simile al cratere dello Ngorongoro, un antico vulcano spento che è oggi un’area nazionale protetta. Scendiamo con la sgangherata camionetta lungo un sentiero che ci conduce a una distesa verde infinita, punteggiata di animali, innumerevoli, che vivono compatti nel proprio branco. Il numero di erbivori è infinitamente maggiore di quello dei grandi felini, che sonnecchiano pacifici e indifferenti.

La natura qui ti insegna l’equilibrio tra le parti, ti spiega perché la gazzella deve correre, e perché il leone deve cacciare.  L’Africa ti mostra che non esistono vittima e carnefice: sono – e siamo – tutti parte di una complessa e armonica catena da cui nessuno si può sottrarre. E l’uomo, unico figlio disarmato di questa terra avida, ha ricevuto in sorte lo strumento più complicato da maneggiare, ma forse il più potente: la nostra intelligenza.

Di fronte a questo spettacolo, intenso e potente, respiro e mi sento parte della terra. E so che tornerò, mia Africa, perché si torna sempre da dove si è partiti.